a cura di Pier Angelo Carozzi
Primi studi fino alla laurea
Uberto Pestalozza nacque a Milano il 19 settembre 1872 dal nobile Giovanni Battista (1824-1907), di antica famiglia di origine valtellinese, e da Ida Prina (1841-1923). Intrapresi gli studi superiori all’Istituto Tecnico, passò ben presto al Ginnasio, dove si distinse non solo per il profitto, ma da cui trasse soprattutto l’indelebile passione per la cultura antica. Terminati gli studi umanistici liceali, frequentò la Facoltà di Lettere presso la R. Accademia scientifico-letteraria della città natale, dove conseguì una solida preparazione storico-filologica sotto la guida di illustri maestri: Graziadio Isaia Ascoli (Storia comparata delle lingue classiche e neolatine), Antonio Ceriani (Paleografia), Ettore Ciccotti (Storia antica), Attilio De Marchi (Antichità classiche), Carlo Giussani (Letteratura latina), Vigilio Inama (Letteratura greca), Elia Lattes (Antichità classiche e Linguistica), Francesco Novati (Storia comparata delle letterature neolatine). Discusse nella sessione estiva 1895, relatore Attilio De Marchi, la tesi dottorale «Il culto di Cerere» che pubblica dopo un biennio, rielaborata, col titolo I caratteri indigeni di Cerere, L.F. Cogliati, Milano 1897.
Soggiorno romano e inizi della ricerca
Sotto molti aspetti fu per lui decisivo il soggiorno romano, nella casa del marchese Emilio Visconti-Venosta, allora Ministro degli Affari Esteri, in qualità di precettore dei figli Carlo, Enrico e Giovanni. Furono anni (1896-1903) ricchi di incontri e di esperienze di studio, di cultura e di vita: in casa Visconti-Venosta conobbe, fra gli altri, lo scrittore Antonio Fogazzaro, Monsignor Louis Duchesne, direttore dell’École Française de Rome a Palazzo Farnese, il critico e storico dell’arte Bernard Berenson, il domenicano P. Alberto Lepidi, Maestro del Sacro Palazzo Apostolico (allora titolo ufficiale del teologo pontificio), il biblista P. Giovanni Genocchi, l’arabista principe Leone Caetani e l’orientalista Ignazio Guidi, con cui proseguì lo studio delle lingue semitiche alle quali era stato avviato da Elia Lattes, a Milano. Dedicatosi alla ricerca scientifica nell’ambito delle Antichità classiche, entra in affabile dimestichezza con Girolamo Vitelli con cui collabora alla rivista «Atene e Roma», sorta a Firenze nel 1898. Legato da vincoli di stima e di filiale devozione a Monsignor Geremia Bonomelli, il noto vescovo di Cremona, fu tra i dirigenti dell’«Opera di assistenza agli operai italiani emigrati in Europa e nel Levante» (meglio conosciuta come «Opera Bonomelli»), fin dalla sua fondazione avvenuta il 18 maggio 1900. Nel 1901 dà alle stampe – unica nel suo genere tra i suoi scritti – la monografiaLa vita economica ateniese dalla fine del secolo VII alla fine del IV secolo a.C. (L.F. Cogliati, Milano) che gli vale nel 1904, ormai rientrato definitivamente a Milano, il conseguimento della sua prima libera docenza, in Antichità classiche. Sempre nel 1904 si sposò con Isabella Sormani (1877-1940), figlia di un ricco industriale serico e della marchesa Marianna Brivio, imparentata con la famiglia dei Casati Stampa di Soncino.
Partecipazione alla vicenda del modernismo milanese
Nel travagliato periodo della crisi modernista il Pestalozza fu un protagonista, a Milano, di quella particolare stagione culturale: tra i fondatori prima, poi redattore del periodico «II Rinnovamento» (1907-1909), insieme con gli amici Aiace Antonio Alfieri, Alessandro Casati, Tommaso Gallarati Scotti (che ne furono i condirettori; lo Scotti per il solo 1907), con Stefano Jacini e Antonio Meli Lupi di Soragna, vi portò il contributo della sua competenza e della sua sensibilità in campo storico-religioso, e al tempo stesso fu assiduo mediatore nei non facili rapporti che in quegli anni intercorsero tra i “modernisti” milanesi e l’autorità ecclesiastica.
Impegno scientifico e culturale in ambito nazionale
Il 1° giugno 1908, a Firenze, dopo aver avuto parte non trascurabile nella fase preparatoria, Uberto Pestalozza figura tra i fondatori della «Società italiana per la ricerca dei papiri greci e latini in Egitto», unitamente a Girolamo Vitelli, Benedetto Croce, Domenico Comparetti, Pasquale Villari, Ermenegildo Pistelli, Giorgio Sidney Sonnino.
Nel 1909 fu tra coloro che contribuirono all’acquisto dei 1610 codici arabi con cui l’allora prefetto della Biblioteca Ambrosiana, Monsignor Achille Ratti (futuro papa Pio XI) dotò il Fondo manoscritti orientali della famosa istituzione culturale milanese: e fu grazie all’interessamento dell’orientalista Eugenio Griffini (un altro degli amici di Pestalozza) e alla trentennale attività del negoziante magentino Giuseppe Caprotti, residente a San’a, nello Yemen. Nello stesso anno lo troviamo fra i consiglieri del Circolo Filologico milanese, del quale era già socio e cui darà d’ora in avanti tutta la sua simpatica adesione e la sua piena collaborazione.
Nell’agone della vita accademica: primo storico delle religioni italiano
Gli interessi scientifici di Pestalozza si erano nel frattempo venuti sempre più spostando, gradatamente, dall’Antichità classica propriamente detta verso uno studio delle istituzioni e dei problemi religiosi (specie del mondo antico) di impronta storico-filologico-antiquaria e secondo questo metodo, aperto a un confronto di indagine comparatistica, sempre puntuale e aggiornato, persevera nella ricerca fino ai suoi ultimi anni. Nell’aprile 1911, primo in Italia, consegue a Roma la Libera Docenza in Storia delle religioni e, l’anno successivo, 1912, ne ottiene l’incarico di insegnamento nella R. Accademia scientifico-letteraria di Milano con decreto dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione, Luigi Credaro (D.M. 25 luglio 1912). Nel settembre 1912 prese parte a Leida, in Olanda, al IV Congresso internazionale di Storia delle religioni. In qualità di primo Libero Docente e di insegnante ufficiale di Storia delle religioni in Italia fu relatore di molte libere docenze successive (di Pericle Ducati nel 1912; di Raffaele Pettazzoni, nel 1913; di Nicola Turchi, nel 1915; di Umberto A. Padovani, nel 1924, eccetera).
Dal 1° al 5 giugno 1914 intervenne a Neuchâtel (Svizzera) al Congresso internazionale di Etnologia e di Etnografia. Entrata l’Italia nel conflitto, partecipò alla Prima Guerra mondiale come volontario, in qualità di infermiere e quale addetto alla farmacia, sul III treno del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Nell’agone della cultura: tra primo dopoguerra e fascismo
Col primo dopoguerra, accanto all’attività scientifica e accademica, intensificò la sua partecipazione alla vita pubblica, sia a livello locale che nazionale. Dall’agosto 1919 all’inizio degli anni Trenta fu membro del Consiglio Direttivo del R. Collegio delle Fanciulle in Milano (Palazzo Archinto). Chiamato da Giovanni Gentile a far parte del Consiglio Superiore di Pubblica Istruzione, dove sedette dal luglio 1923 al febbraio 1926, fu pure tra i componenti la Giunta del medesimo Consiglio. Nel 1923 fu relatore in due commissioni di concorso a cattedra: per Raffaele Pettazzoni (che risultò primo titolare di Storia delle religioni, per la cattedra romana prevista dalla “riforma Gentile”) e per Adolfo Omodeo (poi titolare di Storia della Chiesa a Napoli). Su proposta del rettore, P. Agostino Gemelli e su nomina dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione, l’amico Alessandro Casati, rappresentò il Governo nel Consiglio di Amministrazione dell’Università Cattolica di Milano, dopo l’avvenuto riconoscimento giuridico, negli anni accademici 1924-25 e 1925-26 (sino ai mesi di febbraio-marzo). Dalla primavera 1923 (succedendo all’amico Stefano Jacini) segretario generale; dal settembre 1926 segretario e vice commissario del Governo presso l’«Opera Bonomelli», Pestalozza fu nominato commissario straordinario (25 maggio 1927) e poi liquidatore (dal 1928 al 1934) della benemerita istituzione, ormai controllata e diretta in quei suoi ultimi anni di attività dal regime fascista e soppressa di fatto oltre che di diritto, il 17 luglio 1928.
Il decennio che intercorre tra gli inizi degli anni Trenta e Quaranta vide manifestarsi in tutta la sua ampiezza l’impegno pubblico di Uberto Pestalozza: consigliere delegato del «Gruppo d’azione per la scuola del popolo» dal 1932 (ma vi svolgeva la sua funzione come consigliere da più di un decennio), fu pure consultore degli Istituti storico-artistici del Castello Sforzesco e membro del Consiglio Direttivo dell’Università Popolare (di cui sarà rettore negli anni 1934-35 e 1935-36); membro della Commissione per i Musei d’arte del Comune di Milano; membro del Comitato per l’Archeologia e l’arte in Lombardia; membro della Commissione per lo studio della «Forma Urbis Mediolani».
Per un insieme di circostanze legate sia all’ordinamento degli studi universitari che alla vita politico-culturale italiana di quegli anni, Pestalozza vinse la cattedra milanese di Storia delle religioni (dalla quale, per più di un ventennio, come docente incaricato aveva combattuto la battaglia per l’affermazione di tale disciplina nei nostri studi superiori, dopo essere riuscito ad introdurla come insegnamento nei nostri Atenei) solo nel 1935 e la sua nomina a professore ordinario decorse dal 1° dicembre 1938.
Nel 1939 intraprese un viaggio in Grecia, in compagnia degli amici e colleghi Amedeo Maiuri e Giovanni Barié e della figlia Cecilia, sua validissima collaboratrice, per svolgere un ciclo di conferenze a Rodi, promosse dalla «Dante Alighieri». Dall’anno accademico 1939-40 al 1941-42 tenne, per incarico, l’insegnamento di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana nella stessa Facoltà milanese di Lettere e Filosofia e fu Direttore dell’omonimo istituto.
Il rettorato milanese
Dell’Università di Milano divenne in seguito rettore (dal 1° settembre 1940 al 30 settembre 1942) e Commissario governativo (dal 1° ottobre 1942 al 31 agosto 1943) e in quell’ufficio rettorale fu il promotore dell’insediamento dell’Ateneo milanese nell’edificio sforzesco già sede dell’Ospedale Maggiore (la splendida e centrale «Ca’ Granda» di via Festa del Perdono, costruita dal Filarete e ampliata dal Richini). Firma infatti la convenzione che assegnava definitivamente la storica struttura all’Università dall’anno accademico 1941-42, da lui inaugurato nel grande cortile d’onore: e fu una simbolica presa di possesso perché, iniziati i lavori di adattamento, i bombardamenti resero inagibile la sede, che dovette essere in parte ricostruita, restaurata e trasformata solo nei lunghi anni di ripristino successivi al secondo conflitto mondiale.
Professore fuori ruolo dal 29 ottobre 1942, per raggiunti limiti di età, il Pestalozza fu ancora docente di Storia delle religioni nell’Università di Milano, in qualità di incaricato per meriti di chiara fama, dal 1942-43 al 1948-49. Codesta ripresa di insegnamento subì un’interruzione nell’anno accademico 1945-46, durante il quale lasciò la vita universitaria a causa delle vicende politico-amministrative connesse col suo periodo di rettorato. Tale incarico venne infatti da lui espletato nel momento del passaggio dalla Monarchia alla Repubblica Sociale Italiana, motivo per cui, una volta proclamata la Repubblica, venne sottoposto a indagine da parte della cosiddetta Commissione epuratrice.
La longeva e operosa vecchiaia
Ritiratosi definitivamente a vita privata, trascorse gli anni tra il 1949 e il 1964, nonostante l’età e le amarezze subite, in uno studio sempre alacre, dedicandosi alla pubblicazione di nuovi studi o alla ristampa di sue precedenti produzioni, coordinate in volume: Pagine di religione mediterranea, Milano, I, 1942; II, 1945; La religione di Ambrogio, Milano 1949; Religione mediterranea. Vecchi e nuovi studi, Milano 1951; Eterno femminino mediterraneo, Venezia 1954; Nuovi saggi di religione mediterranea, Firenze 1964.
Nel 1955, in occasione dell’VIII Congresso internazionale di Storia delle religioni, celebratosi a Roma dal 17 al 23 aprile, per iniziativa del collega Raffaele Pettazzoni, presenzierà alle sedute come presidente di sezione e applaudito maestro.
Della nutrita schiera di amici che nei lontani anni di inizio secolo XX si impegnarono per una riforma della Chiesa e per un rinnovamento della cattolicità italiana e mondiale, Uberto Pestalozza fu tra gli ultimi ad andarsene: poté assistere infatti allo storico evento del Concilio ecumenico Vaticano II (1962-1965) e all’avvio dell’aggiornamento da esso auspicato e promosso.
Morì a Milano il 28 marzo 1966.